BEVAGNA / IL TERRITORIO |
Città della Valle Umbra, in Provincia di Perugia, con circa 4.600 abitanti, dista dal capoluogo 35 km e 148 da Roma. Decentrata rispetto alla odierna Via Flaminia, è collegata ai vicini centri di Foligno e Todi dalla statale omonima; scegliendo percorsi alternativi di notevole interesse si può giungere a Spoleto passando per Montefalco o a Perugia attraversando il territorio di Bettona. La cinta muraria, ricca di torri e bastioni, è interrotta da porte medievali o da aperture più recenti che permettono l'ingresso al centro storico. Al suo interno, nonostante interventi successivi, l'aspetto predominante è quello di una città medievale, dove è ancora viva la tradizione artigiana con le sue botteghe che si aprono sulle caratteristiche viuzze, i suoi monumenti e soprattutto la splendida piazza, che concentra in sé i principali monumenti religiosi e il Palazzo dei Consoli orientati in modo asimmetrico tra loro. Fregi e colonne romane rendono più pregevole la città che custodisce i resti d'importanti monumenti risalenti al I e II secolo d. C. L'abitato dell'antica Mevania coincide quasi per intero con la città medievale e moderna, come testimoniano i tratti di cinta muraria romana che affiorano sotto quella medievale, la disposizione a reticolo romano delle vie che si affacciano su corso Amendola e l'andamento semicircolare che assume la zona dove un tempo sorgeva il teatro romano. In epoca più recente lo sviluppo urbanistico si è esteso fuori le mura, dove un tempo era ubicata parte della città romana, come testimoniano importanti rinvenimenti databili alcuni secoli prima di Cristo. La conformazione morfologica del territorio comunale (56 kmq), che comprende le frazioni di Cantalupo, Castelbuono, Gaglioli, Limigiano, Torre del Colle, è prevalentemente pianeggiante e presenta a Sud - Ovest i più importanti rilievi (Monte delle Civitelle 713 m. s.l.m.). Il fiume Topino, che in passato azionava i mulini nei pressi di Bevagna (situato a 225 m. s.l.m.) segna ora il confine con Spello; al suo posto scorre il Clitunno che presso la città si riunisce al Teverone prendendo il nome di Timia. Questi, dopo aver attraversato la fertile pianura bevanate, confluisce nel Topino nei pressi di Cannara. Un reticolo di alvei, fossi e canali, collegato ai principali corsi fluviali, completa una idro-morfologia protesa verso la confluenza, mediante il Chiascio, nel Tevere. Quello che oggi appare un bacino ben regolato è l’esito di uno sforzo plurisecolare i cui segni sono costituiti dalle innumerevoli opere idrauliche ancora presenti nelle campagne. Geologicamente interessante è il lago Aiso, posto tra i due fiumi, che rappresenta un fenomeno carsico simile alle Fonti del Clitunno. Le sue acque profonde e freschissime che scaturiscono dalle viscere della terra hanno da sempre alimentato la fantasia popolare. La leggenda narra che "sul luogo dove ora è il lago c'era la casa di un ricco contadino di nome Chiarò, assai ingrato verso Dio e poco propenso alla carità cristiana. La moglie invece era donna pia e caritatevole che, contro la volontà del marito e in sua assenza, elargiva elemosine ai bisognosi. Il giorno di S. Anna Chiarò volle, contro ogni devota consuetudine, battere il grano raccolto sull'aia, nonostante le suppliche della moglie. Ecco allora giungere la voce di un Angelo avvertire la pia donna: "prendi con te quello che hai di più caro e fuggi, poiché la tua casa fra qualche momento si sprofonderà". Immediatamente la pia madre, piena d'orrore, preso in braccio un piccolo bambino a cui dava ancora il latte e un altro che aveva per mano, si diede alla fuga. Come si fu mossa, la casa era di già inabissata e sommersa nel gorgo con quanti si trovavano dentro. Ma nella fuga la spaventata donna si accorse che, dietro la traccia segnata in terra dalla fascia disviluppatasi dal corpicciolo del bambino recatosi al seno, un rivo dell'acqua che aveva sommersa la casa, la inseguiva minacciando di affogare anco lei. Le venne però in soccorso la nota voce dell'Angelo, che le comandò di posare il bambino attaccato al seno, come quello che crescendo sarebbe venuto del medesimo stampo del crudel padre; il che fatto e continuando a fuggire, si salvò. E dove questo de' figlioli era stato lasciato, la terra, apertasi per inghiottirlo, formò l'Aisillo. Ogni anno, il giorno di S. Anna, chi vada a visitare l'Aiso, vede a traverso l'acqua punitrice le travi della casa sommersa con gli arredi della cucina dove era stata l'irriverente gozzoviglia, e ode la trista voce di Chiarò guidante le cavalle sulla trita" (Ciro Trabalza, 1914). |
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